A cura di Alessandro Ledda
Perché la danza Haka Maori usata dagli Allblack, che è diventata famosa proprio come rituale di carica agonistica e di intimidazione degli avversari, funziona?
Il linguaggio del corpo è ormai diventato una componente fondamentale da osservare per la comprensione degli stati emotivi, propri e altrui. Essendo per lo più inconsapevole, è di fatto il canale di comunicazione più autentico e influente. L’interesse della comunicazione non verbale in ambito sportivo è però abbastanza recente. Le ricerche svolte in questo senso si sono poste la domanda di come le emozioni espresse dal motorio-gestuale, le posture ed altri indicatori, come ad esempio l’abbigliamento o l’attrezzatura, potessero influenzare le prestazioni effettive sul campo. In questo articolo porrò l’attenzione soprattutto su due modalità con cui il linguaggio non verbale può influire sulla prestazione sportiva. La prima riguarda l’influenza che esso ha su come gli atleti percepiscono gli avversari, che a sua volta è in grado di influenzare le loro aspettative di performance.
I ricercatori notarono infatti che i giocatori che esibivano una postura eretta e il contatto oculare, durante le fasi di riscaldamento, fossero percepiti come più assertivi, più competitivi e più in forma rispetto agli altri. Inoltre, chi sapeva di dover affrontare questi giocatori percepiva di avere meno chance di batterli. Una postura dominante in un atleta, cioè le posture che, come succede nel mondo animale per stabilire le gerarchie, portano a far occupare al corpo più spazio, ad espanderlo, era percepita come un atleta migliore. Inoltre, l’effetto di un linguaggio del corpo dominante agisce anche dopo: un’autentica espressione di vittoria (es. braccia alzate, petto in fuori, dimostrazione di aggressività in stile “whos’s the boss”) pare rinforzi anche lo spirito di squadra.
La comunicazione a livello non verbale risulterebbe allora uno strumento molto potente che può influenzare sia la percezione degli avversari, che quella dei propri compagni.
La seconda modalità con cui il non verbale influenza la prestazione sportiva è invece legata al feedback somato-sensoriale.
La componente motorio-gestuale del linguaggio pare agisca non solo per comunicare all’esterno, ma anche all’interno, modificando la produzione di alcuni importanti ormoni dell’organismo, in particolare testosterone (l’ormone dell’aggressività, del potere personale e della competizione sessuale) e cortisolo (l’ormone legato alla resistenza passiva allo stress e alla sottomissione).
In uno studio, persone che avevano assunto posture aperte e dominanti (simili a quelle di un gorilla pronto alla sfida) prima di affrontare una situazione di stress, reagirono meglio di quelli che non lo fecero: avevano incrementato i livelli di testosterone, diminuendo quelli di cortisolo, calibrando di conseguenza la percezione di sé verso un maggiore controllo della situazione.
Ricapitolando, è stato confermato da alcuni studi che il nostro particolare linguaggio corporeo può influenzare sia le percezioni che gli altri hanno di noi, sia la nostra stessa autopercezione, lavorando come un potente strumento di feedback.
Lo psicologo dello sport aiuta l’atleta a diventare consapevole del proprio linguaggio non verbale ed a modificarlo per renderlo maggiormente prestativo ed efficace.
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